Autori
Elisabetta Gut
- Di origine svizzera compie gli studi artistici a Roma. Il suo percorso è caratterizzato «da un’irrequieta volontà di sperimentazione» (Mirella Bentivoglio) di modalità espressive diverse, scandite per fasi, sempre nel segno di una spazialità strutturale – retaggio della sua attività di scenografa – sia che si tratti di oggetti quotidiani integrati nella materia pittorica che di assemblaggi di materiali tecnologici in opere optical o libri d’artista con implicazioni sinestetiche. Elisabetta Gut si serve del filo da cucito, segno simbolico di un’operosità femminile per «cancellare» testi poetici e tendere corde d’immaginari strumenti musicali, silenziosi ma evocativi come i suoi libri musicali. Scrigni vegetali, i libri-seme e i libri-foglia racchiudono pagine di musica o di minute scritture orientali. In una ricerca globale l’artista accomuna natura e linguaggio, sensazione e conoscenza. Ha esposto in numerose personali tra cui: le mostre milanesi presso la Galleria Cairoli (1956) e il Mercato del Sale (1990/91), Elisabetta Gut 1956-1981: un filo interrotto, Macerata Pinacoteca Comunale, 1981, presentate rispettivamente da Felice Casorati, Ugo Carrega e Mirella Bentivoglio. Ha partecipato a innumerevoli rassegne nazionali e internazionali tra cui: Materializzazione del linguaggio, Biennale di Venezia, 1978; Arte come scrittura, XI Quadriennale di Roma, 1986; Fototidea, XXII Biennale di S. Paolo del Brasile 1994; Insomnia: Night Landscapes, New York, National Museum of Women in the Arts, 2003. È presente nel Lessico Universale Italiano 1989 e nel Dizionario enciclopedico, 2002, dell’Istituto dell’Enciclopedia Treccani, Roma. Sue opere sono conservate in archivi e collezioni pubbliche tra cui: Biblioteca del MoMA, New York; MART Rovereto; Museion Bolzano; Musinf di Senigallia.
Elisabetta Gut
- Di origine svizzera compie gli studi artistici a Roma. Il suo percorso è caratterizzato «da un’irrequieta volontà di sperimentazione» (Mirella Bentivoglio) di modalità espressive diverse, scandite per fasi, sempre nel segno di una spazialità strutturale – retaggio della sua attività di scenografa – sia che si tratti di oggetti quotidiani integrati nella materia pittorica che di assemblaggi di materiali tecnologici in opere optical o libri d’artista con implicazioni sinestetiche. Elisabetta Gut si serve del filo da cucito, segno simbolico di un’operosità femminile per «cancellare» testi poetici e tendere corde d’immaginari strumenti musicali, silenziosi ma evocativi come i suoi libri musicali. Scrigni vegetali, i libri-seme e i libri-foglia racchiudono pagine di musica o di minute scritture orientali. In una ricerca globale l’artista accomuna natura e linguaggio, sensazione e conoscenza. Ha esposto in numerose personali tra cui: le mostre milanesi presso la Galleria Cairoli (1956) e il Mercato del Sale (1990/91), Elisabetta Gut 1956-1981: un filo interrotto, Macerata Pinacoteca Comunale, 1981, presentate rispettivamente da Felice Casorati, Ugo Carrega e Mirella Bentivoglio. Ha partecipato a innumerevoli rassegne nazionali e internazionali tra cui: Materializzazione del linguaggio, Biennale di Venezia, 1978; Arte come scrittura, XI Quadriennale di Roma, 1986; Fototidea, XXII Biennale di S. Paolo del Brasile 1994; Insomnia: Night Landscapes, New York, National Museum of Women in the Arts, 2003. È presente nel Lessico Universale Italiano 1989 e nel Dizionario enciclopedico, 2002, dell’Istituto dell’Enciclopedia Treccani, Roma. Sue opere sono conservate in archivi e collezioni pubbliche tra cui: Biblioteca del MoMA, New York; MART Rovereto; Museion Bolzano; Musinf di Senigallia.